IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva che precede, rileva: Con unico ricorso tre dipendenti delle Ferrovie dello Stato S.p.a. (le cui domande in un primo tempo, sembrando differenziata la posizione di uno dei tre, sono state oggetto di provvedimento di separazione e successivamente, riscontratasi l'identita' della fattispecie, sono state oggetto di trattazione congiunta) impugnano comunicazione di risoluzione del rapporto, decorrente in due casi dal 19 settembre 1998 ed in un caso dal 12 settembre 1998, motivata prima (nell'agosto 1998) in base a norma contrattuale collettiva e richiamo a norma legislativa (art. 1, comma 2, d.l. n. 324/1998, non convertito in legge) e successivamente, in data 11 settembre 1998, sempre con la stessa decorrenza, con la motivazione "aggiunta, in via prioritaria, alla precedente" in base al contenuto dell'art. 1 del d.l. 10 settembre 1998 n. 324 (pubblicato in pari data, antecedente in un solo giorno la comunicazione) che sospende, per il periodo dal 10 settembre 1998 al 1o gennaio 2002, per il personale delle F.S. la facolta' di optare per il mantenimento in servizio fino al 65% anno di eta', con risoluzione del rapporto per legge anche per coloro (tra i quali rientrano i ricorrenti, che avevano esercitato tra il 1996 ed il 1997 la facolta' di cui all'art. 16 del d.lgs. n. 503/1992) che prestavano servizio in virtu' dell'esercizio di tale facolta'. Le parti ricorrenti contestano la legittimita' del motivo di risoluzione loro comunicato inizialmente e, senza muovere rilievi in ordine all'intervento integrativo ed alla duplicita' di motivazione addotte, eccepiscono come unico motivo del ricorso l'illegittimita' costituzionale della normativa in base alla quale la risoluzione del rapporto e' stata ulteriormente motivata con motivazione "aggiunta in via prioritaria alla prima". Rispetto a tale normativa e' da precisare che il d.l. 10 settembre 1998 n. 324 non e' stato oggetto di conversione (cfr. Gazzetta Ufficiale 10 novembre 1998 n. 263) ed il suo contenuto e' stato riprodotto nell'art. 43 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, con l'aggiunta (comma 8) che la "risoluzione del rapporto di lavoro ai sensi del comma 7 avverra' in ogni caso con un preavviso di sei mesi" e previsione di validita' di atti e provvedimenti adottati e salvezza di effetti derivanti dall'art. 1 del d.l. 10 settembre 1998 n. 324 (comma 9). Tale normativa non e' esente da dubbi di costituzionalita' rispetto ai principi di cui agli artt. 3 e 38 Cost., poiche' differenzia una singola impresa rispetto ad altre del settore e nello stesso tempo, precludendo solo ai suoi dipendenti di esercitare il diritto di opzione di cui all'art. 16 del d.lgs. n. 503/1992, li differenzia da altri lavoratori, negando solo a loro la possibilita' di migliorare ulteriormente la propria posizione contributiva, in violazione dell'art. 38 Cost. Si e' consapevoli che gia' in passato il ricorso alla temporanea sospensione del diritto di opzione ha costituito uno degli strumenti legislativi di gestione e di risoluzione di crisi settoriali particolarmente gravi (cfr art. 1, comma 4, legge 31 maggio 1984 n. 293), ritenuto esente da profili di incostituzionalita' (cfr. Cass. 24 ottobre 1996 n. 9301 richiamata e prodotta, nonche' pubblicata in M.G.C. 1996, 1434, trib. Milano 16 novembre 1985 in O.G.L., 1985, 1214, Cass. 15 dicembre 1988 n. 6829 in O.G.L. 1989, 511) ma il caso in esame presenta profili di differenziazione. In primo luogo tale sospensione riguarda una singola azienda e non altre che pur operano, sebbene limitatamente, nel settore ferroviario (nel precedente richiamate la sospensione operava per tutte le aziende individuali, diverse da quelle edili, delle quali era stato accertato con delibera del C.I.P.I., lo stato di crisi). Inoltre nella ratio dell'art. 1, settimo comma, della legge 31 maggio 1984 n. 193, l'esigenza di provvedere alla riduzione del personale costitutiva un imperativo pressante, mentre nel caso in esame (come da accordi richiamati, causa dell'intervento legislativo) la finalita' ultima di tale operazione (che ha comportato un migliaio di licenziamenti, come enunciato in commenti dottrinali alla normativa) e' costituito da un avvicendamento generazionale che trova la sua prima ragione di essere nella riduzione del costo del lavoro. Non si puo' condividere che i profili di incostituzionalita', come eccepito dalla resistente nella memoria 7 aprile 2000, possano essere superati dall'importanza del servizio essenziale espletato dall'azienda e, indirettamente, per i suoi riflessi sul bilancio dello Stato poiche' la residente si configura ormai come soggetto privatistico a tutti gli effetti (con necessita' di adeguarsi a tale diversa realta' normativa) e perche' esigenze di bilancio non possono inficiare diritti di rilevanza costituzionale. Ne' si puo' ritenere che la salvezza della normativa possa derivare dalla sua temporaneita' fino al 1o gennaio 2002 (previsione, peraltro, che non ha tenuto conto che, in virtu' dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1994 n. 724, dal 1o gennaio 2000 la regola generale per la percezione di vecchiaia presuppone il compimento del 65o anno di eta') poiche' per i dipendenti nei cui confronti opera la normativa, i suoi effetti non possono ritenersi a carattere transitorio, poiche', in base alla loro eta' anagrafica e le caratteristiche del mercato del lavoro, e' estremamente improbabile una loro rioccupazione lavorativa con possibilita' di incremento della posizione contributiva. L'eccezione di non manifesta infondatezza della normativa di cui sopra e' rilevante nel presente giudizio poiche' e' l'unico motivo del ricorso rispetto alla motivazione della risoluzione del rapporto aggiunta in via prioritaria a quella temporalmente comunicata per prima la quale, come da prevalente giurisprudenza di merito espressasi sul punto e richiamato dal procuratore dei ricorrenti, non si ritiene sia legittima poiche' derivante da previsione contrattuale che valorizza il solo criterio dell'anzianita', in contrasto sia con il contenuto dell'art. 59, comma 6 della legge n. 449/1997) (che prevede l'individuazione del personale eccedentario "anche sulla base di criteri che tengano conto dell'anzianita' contributiva o anagrafica"), sia perche' le previsioni legislative dalle quali ha origine la ristrutturazione fonte di causa (art. 2, comma 28, legge n. 662/96 e art. 59 sopra citato) operando con l'istituzione di fondi di sostegno in un momento successivo rispetto all'espulsione delle eccedenze di personale, non puo' implicare deroga a quanto proceduralmente previsto in via generale, in proposito, dalla legge n. 223/1991.